Un settore in pieno degrado, quello dei siti culturali di Sicilia: mancano i fondi per cambiare una lampada a led necessaria illuminare bene il Satiro di Mazara del Vallo o per cambiare le telecamere guaste del museo Paolo Orsi di Siracusa, con il rischio di non poter bloccare l`ingresso di ladri. A Enna sarà impossibile invece accendere il riscaldamento nel museo archeologico che nella sua collezione vanta reperti di età ellenistica e romana di inestimabile valore, come la Pisside del sesto secolo avanti Cristo. Una situazione di abbandono come non si registrava da anni nei musei a perdere gestiti dall`assessorato ai Beni culturali. Case d`arte che ospitano capolavori indiscussi abbandonati a se stessi, per nulla valorizzati. Messi lì a prendere polvere, sperando che qualche visitatore o turisti entri incuriosito ad ammirarli: apprezzandone solo la bellezza, perché non avrà altre informazioni a sua disposizione, né un`audioguida né un volume sulla loro storia.
La situazione peggiora di giorno in giorno. Da Siracusa a Palermo si susseguono le segnalazioni di malfunzionamenti e problemi, al di là del nodo delle aperture domenicali che saltano per la mancanza di custodi. All`Abatellis di Palermo i telefoni non funzionano più. Impossibile chiamare dal palazzo, c`è solo una linea collegata con la questura per il sistema antifurto. A Enna, nel museo archeologico, avevano staccato tutte le linee e solo grazie a un privato che ha regalato una scheda telefonica è stato possibile ripristinare il collegamento dell`allarme con la centrale di polizia. "Ma per il resto non abbiamo riscaldamenti e non possiamo fare alcuna chiamata", dicono dal museo ennese.
Al Paolo Orsi di Siracusa, un sito di grande valore nel quale sono esposti ventimila reperti, dalla Venere Landolina alla statua in calcare della dea madre Kourotrophos, i sindacati hanno scritto nei giorni scorsi una nota di fuoco per segnalare alcune "anomalie". "Il sistema di allarme funziona in maniera ridotta - scrivono Cobas-Codir e Sadirs - perché non appena acceso va in tilt e si è costretti a disattivarlo per i continui allarmi. La telecamera posizionata nel cancello d`ingresso non funziona da tempo. Molte altre telecamere nel museo sono guaste".
Musei sporchi, senza telefono, senza controlli. Due settimane fa su YouTube è finito un video girato da alcuni custodi nel chiostro del museo Pepoli di Trapani, dove c`era di tutto: cartacce, uccelli morti, escrementi di animali. Dopo la divulgazione del video, il sito è stato pulito. Ma fra poco tempo rischia di tornare come prima. La causa della situazione di degrado dei musei di Sicilia è soprattutto una: la mancanza di fondi. Nell`ultima Finanziaria il governo Crocetta ha preferito stanziare un milione di euro per iniziative direttamente promosse dall`assessore di turno, mentre è stato azzerato il capitolo per il funzionamento dei siti. Così, per esempio, al Museo del Satiro di Mazara non hanno i fondi per chiamare un elettricista e montare una lampada a led da mettere all`interno della statua in bronzo per migliorarne la visione.
Il governatore Crocetta in due anni e mezzo ha cambiato quattro assessori, e nessuno ha avuto il tempo di lavorare davvero. Nessuno, quindi, ha risolto il problema dei servizi aggiuntivi. La prima cosa che ha fatto il presidente della Regione, appena insediatosi a Palazzo d`Orleans, è stata bloccare la gara che aveva portato avanti l`allora assessore Sebastiano Missineo. È iniziata una guerra di ricorsi al Tar che è approdata perfino alla Corte costituzionale.
In attesa che la Consulta si pronunci, da due anni e mezzo nei musei e nelle aree archeologiche di Sicilia mancano perfino le brochure, per non parlare di guide, cartoline o volumi sulle opere esposte. Nella gara sui servizi aggiuntivi era previsto anche che i privati investissero per migliorare la fruizione dei musei e avviassero iniziative di marketing per attrarre visitatori. Invece oggi i musei dell`Isola rimangono polverosi e abbandonati a se stessi. Un patrimonio immenso, mai valorizzato. Una Ferrari trasformata in un grande carrozzone.
(Fonte: Repubblica - Antonio Fraschilla)