Se la mafia fa il giudice del lavoro Scattano due arresti a Gela

Un imprenditore edile si sarebbe rivolto alla mafia per "mettere a tacere" un operaio che gli aveva intentato una causa di lavoro per ingiusto licenziamento

Carmelo Migliore
GELA. Licenzia un dipendente e si rivolge alla mafia per "mettere a tacere" lo stesso ex operaio che intanto gli aveva intentato una causa di lavoro per ingiusto licenziamento. Sarebbe accaduto a Gela dove a finire nell'occhio della magistratura è un noto imprenditore del settore edile. Si tratta di Alberto Cammarata, 44 anni, titolare della Unicam srl, arrestato la scorsa notte insieme con un suo presunto complice, un collaboratore della sua stessa azienda, Carmelo Migliore di 45 anni. La vittima è invece Emanuele Orazio Antonio Granvillano. Secondo quanto ricostruito dalla Polizia, l'imprenditore Cammarata si sarebbe rivolto al gruppo mafioso che fa capo a Giuseppe Alferi per "risolvere", a suo dire, la vicenda lavorativa finita sul tavolo del Tribunale del suo ormai ex dipendente. La vittima, per queste ragioni, subì l'incendio della villa rurale di contrada Cucinella, nella zona del Castelluccio. Il rogo si registrò il 5 dicembre del 2010.
Ad appiccare materialmente l'incendio sarebbe stato Emanuele Cascino, oggi collaboratore di giustizia che ha rivelato i contorni di questa inquietante vicenda, dopo aver ricevuto ordini direttamente da Carmelo Migliore. Quest'ultimo, questa mediazione, avrebbe ricevuto la somma di 800 euro dal suo datore di lavoro, Alberto Cammarata.
Gli investigatori sono riusciti a chiudere il cerchio di questo episodio, grazie ai riscontri emersi dalle dichiarazioni della vittima e dall'ormai pentito Emanuele Cascino, appartenente al sodalizio Alferi di Gela. Dichiarazioni che sono combaciate con quelle rese agli inquirenti dal fratello di Alberto Cammarata, Francesco che nel giugno 2013 denunciò il comportamento sospetto del fratello col quale aveva chiuso ogni rapporto personale e di lavoro.
Le ordinanze sono state emesse da David Salvucci, Gip presso il Tribunale di Caltanissetta su richiesta del Procuratore Onelio Dodero della DDA nissena. A Migliore sono stati concessi i domiciliari. Entrambi dovranno rispondere di tentata estorsione in concorso tra loro e di danneggiamento aggravato da motivi futili. 
Il retroscena. Emanuele Cascino, oggi collaboratore di giustizia, ha rivelato "impressionanti dichiarazioni", così come le definisce la Squadra Mobile di Caltanissetta. Sarebbe infatti emerso che l'uomo, fedelissimo del sodalizio di Alferi, avrebbe bruciato su "ordinazione" più di 80 auto in città. Il sistema era semplice. Il boss del clan Giuseppe Alferi, riceveva le richieste sia da persone comuni che da gruppi malavitosi, in un sistema che funzionava da "vera e propria agenzia di servizi criminali, pronta a commettere dietro ricompensa qualsiasi reato", dopodiché si procedeva ad appiccare il fuoco. Un circuito che ha stretto Gela nella morsa della criminalità sempre più.

FONTE: livesicilia